SOMMARIO: Nel corso di una conferenza stampa nove obiettori di
coscienza (Roberto Cicciomessere, Alberto Gardin, Valerio Minnella,
Claudio Pozzi, Alerino Peila, Gianni Rosa, Adriano Scapin, Franco
Suriano, Alberto Trevisan) hanno presentato un documento in cui
vengono illustrati gli obiettivi della loro iniziativa che intende
promuovere e organizzare il rifiuto di massa della divisa, con
motivazioni politiche, come concreta e attuale proposta di lotta
alle strutture militari. La dichiarazione si pone come un atto di
denuncia del fatto che l'esercito costituisce lo strumento
attraverso il quale il potere è in grado di imporre la conservazione
di questo sistema. Le maggiori critiche che vengono rivolte
all'esercito sono: che il suo mantenimento per la difesa dalle
minacce esterne non è realistica; che esso costituisca un enorme
sperpero di denaro pubblico e un'occasione di sicuri guadagni per
ristretti gruppi capitalistici; non marginale per gli obiettori è la
volontà di approvare una legge che effettivamente
riconosca il diritto civile all'obiezione di coscienza per tutti
i motivi, per l'acquisizione di strumenti che favoriscano la
crescita del movimento e di nuovi spazi di intervento politico.
(NOTIZIE RADICALI n. 151, 1 marzo 1972)
Roma, 19 febbraio - Nel corso di una conferenza stampa tenuta
stamane e organizzata dalla segreteria di collegamento dei gruppi
antimilitaristi, nove obiettori di coscienza, che hanno rifiutato di
rispondere alla chiamata alle armi loro giunta in questi giorni,
hanno presentato un documento comune in cui vengono illustrati i
motivi politici e gli obiettivi della loro iniziativa.
I nove obiettori, ai quali potranno aggiungersi nei giorni
seguenti altri compagni chiamati alle armi, sono:
Roberto Cicciomessere - radicale - 25 anni - studente - già
segretario nazionale del P.R. - di Roma;
Alberto Gardin - nonviolento - 22 anni - studente - di Padova;
Valerio Minnella - del gruppo nonviolento bolognese - 21 anni -
tecnico - alla seconda obiezione (già condannato alla prima a tre
mesi di carcere);
Claudio Pozzi - della Comunità Shalom di Napoli - 21 anni -
studente;
Alerino Peila - nonviolento - 23 anni - studente - di Torino -
alla seconda obiezione (già condannato alla prima a quattro mesi);
Gianni Rosa - nonviolento - 20 anni - di Torino;
Adriano Scapin - del Gruppo Antimilitarista di Padova - 21 anni -
studente;
Franco Suriano - anarchico - 22 anni - operaio - di Roma;
Alberto Trevisan - del gruppo antimilitarista di Padova - 24 anni
- operaio - alla terza obiezione (condannato alle due precedenti
obiezioni a complessivi 9 mesi e 20 giorni di carcere - licenziato
dalla SIP dopo la seconda obiezione).
Stralciamo dalle dichiarazioni rilasciate:
Cicciomessere: Per la prima volta i gruppi antimilitaristi
italiani hanno concordato una iniziativa comune che, superando la
posizione di esclusivo appoggio delle obiezioni di coscienza
individuali, intende promuovere e organizzare il rifiuto di massa
della divisa, con motivazioni politiche, come concreta e attuale
proposta di lotta alle strutture militari. Attraverso una serie di
iniziative già programmate e in parte già messe in pratica, i gruppi
antimilitaristi italiani si sono posti l'obiettivo di cento
obiezioni collettive e organizzate per il '72. Sarà questa una
risposta anche a quanti nella sinistra hanno praticamente combattuto
l'obiezione di coscienza, apparentemente perché strumento di
testimonianza di pochi, permettendo così il progressivo
rafforzamento delle strutture militari e militariste e impedendo nel
paese un serio dibattito sulle reali funzioni delle forze armate
nell'ambito dello scontro di classe che da sempre le ha viste a
sostegno degli interessi delle classi padronali.
Trevisan: Non solo gli obiettori di coscienza dicono no
all'esercito: infatti le carceri militari (Peschiera, Forte Boccea,
Gaeta, Cagliari, Palermo, Taranto) tengono rinchiusi centinaia di
giovani che si rifiutano di appartenere alle istituzioni militari, e
pur non essendo coscienti che la loro è essenzialmente una scelta
politica, magari perché sprovvisti di adeguati mezzi culturali,
esprimono il loro rifiuto non presentandosi alle armi, o disertando
o opponendosi alla gerarchia militare. Moltissimi disertano anche 8
o 9 volte scontando parecchi anni di carcere, dimostrando così la
loro indisponibilità ad una istituzione di violenza, di repressione
e contro l'interesse del popolo.
Gardin: La mia azione intende essere una azione nonviolenta: il
giorno preciso in cui dovrò presentarmi in caserma inizierò, in una
zona depressa del Veneto, un lavoro di servizio civile che sarà
nello stesso tempo: collaborazione di diverso tipo con la gente del
posto e ricerca e sperimentazione di tecniche di difesa e lotta
nonviolenta da sostituire ai metodi violenti, autoritari e militari.
Perché la non violenza come la violenza per essere efficace e
possibile richiede una accurata preparazione.
Riproduciamo qui di seguito integralmente la dichiarazione
collettiva presentata dai nove obiettori di coscienza durante la
conferenza stampa:
DICHIARAZIONE COLLETTIVA DI OBIEZIONE DI COSCIENZA
Ovunque, in ogni momento della vita sociale, si tenta d'imporre
come valori fondamentali e pregiudiziali, nella famiglia, nella
scuola, nella fabbrica, negli uffici, nella organizzazione del
cosiddetto "tempo libero", "ordine e autorità".
GLI STRUMENTI DI CUI SI SERVE IL SISTEMA PER IMPORRE IL CONSENSO
AL REGIME DI SFRUTTAMENTO
Per mantenere questo tipo di "ordine costituito" il potere si
serve di una serie di strutture e strumenti che sono apertamente
violenti e repressivi (polizia, magistratura, ricatto sul lavoro,
ecc.) o che tendono a creare un consenso attraverso il
condizionamento ideologico, e l'imposizione di modelli di
comportamento funzionali alla logica del profitto (famiglia, scuola,
chiesa, partiti, strumenti di informazione, esercito, ecc.).
Così strutture economiche e politiche che sono presentate come
necessarie e permanenti per l'organizzazione sociale, ci vengono
proposte e imposte come se fossero "al di sopra delle parti": sono
invece utilizzate per la conservazione del sistema.
L'ESERCITO E' STRUMENTO FONDAMENTALE
Per imporre all'uomo questa "civiltà" l'esercito è strumento
fondamentale. Infatti l'ipotesi di impiego dell'esercito italiano
per la cosiddetta difesa dalle minacce esterne non è realistica per
questi motivi:
1) la divisione del mondo in blocchi contrapposti e l'inserimento
dell'Italia nella NATO fa sì che la difesa, ovvero la paternalistica
protezione in funzione degli interessi delle grande potenze
economiche, dei paesi coperti dall'alleanza militare sia affidata
non già agli eserciti nazionali ma per intero alla macchina bellica
della potenza guida, ovvero per l'Italia agli Stati Uniti;
NON SERVE PER LA DIFESA DELLA "PATRIA"
2) gli eserciti tradizionali, le forze armate italiane, non sono
preparati ad affrontare una guerra moderna: l'evolversi della
tecnologia militare con il conseguente aumento vertiginoso del costo
per armamenti, l'esigenza delle grosse industrie belliche di
produrre continuamente materiale sempre più moderno e di possedere
mercati ai quali imporre il surplus della produzione consente solo
alle potenze guida il mantenimento di un esercito adeguato alle
esigenze della guerra moderna.
SERVE PER LA REPRESSIONE
Per questi motivi agli eserciti tradizionali è affidato,
nell'ambito delle alleanze militari-politiche-economiche, il compito
della conservazione dello status quo, dell'addestramento per un
impiego in azioni di antiguerriglia: in questo senso l'esercito
assolve compiti che è giusto definirli di polizia.
PREPARA AD OBBEDIRE AI PADRONI
In questo modo i giovani, tornati alla vita civile, abituati al
signorsì della caserma continueranno ad ubbidire passivamente al
"signor direttore", al "signor capoufficio", al "signor preside", al
"monsignor vescovo", ecc. divenendo dei buoni servi del sistema.
Altro problema di grande portata sono le spese militari che nel
corso di 5 anni hanno avuto un incremento di 581 miliardi di lire,
arrivando al bilancio previsto per il 1972 di 1891 miliardi (circa
il 15% del bilancio nazionale) al quale si dovrebbe aggiungere altre
voci che non vi sono comprese, una delle quali riguarda il nostro
contributo alla NATO, di cui si sa ben poco.
E' UN FURTO AI DANNI DEL POPOLO
Questa notevolissima somma di denaro, oltre ad essere
improduttiva per le masse popolari, che d'altra parte la sostengono
sulla loro pelle, e che invece hanno bisogno di opere e di servizi
sociali non ancora assicurati, costituisce un'occasione di sicuri
guadagni per ristretti gruppi capitalisti.
VENGONO FORNITE ARMI AI PAESI FASCISTI E COLONIALISTI
L'industria militare italiana è caratterizzata sopratutto dal
legame tecnologico con l'industria statunitense, e dalla vendita di
armamenti a paesi con regime fascista quali Portogallo, Sudafrica,
Rhodesia, che se ne servono per stroncare i movimenti di liberazione
delle colonie. Esiste pertanto una chiara convergenza di interessi
economici e politici tra il governo (unico acquirente nazionale
della produzione bellica) e il capitalismo sia internazionale che
nazionale.
Se ogni esercito, per sua natura e funzione storica, non può che
essere scuola di assassinio, di obbedienza, di missioni morali e
civili, strumento di oppressione di una classe su una società, causa
di morte, massacri, repressione, noi non possiamo accettare di farne
parte, di avvallare con la nostra presenza i falsi valori, i miti
che sostengono questa istituzione. In particolare non possiamo
fornire alibi a coloro che da sempre affermano di volere la pace, ma
preparano e sostengono eserciti sempre più micidiali e potenti.
IL METODO DI LOTTA NON VIOLENTO
L'obiezione di coscienza, impegnando gli individui in prima
persona, diventa un metodo di lotta antialienante, che
responsabilizza ed attiva ad una partecipazione attiva,
indispensabile per la costruzione di una comunità autogestita. Siamo
convinti infatti che la costruzione di una società diversa comporti
l'impiego di metodi che siano omogenei al fine che ci proponiamo,
cioè la liberazione dell'uomo dalle schiavitù. Il metodo del
rifiuto, della noncollaborazione, della disobbedienza civile, è
nell'attuale situazione politica, quella oggettivamente più efficace
per combattere le strutture autoritarie.
L'UTOPIA RIFORMISTA DELLA "SINISTRA"
Ma in occasione di questa nostra scelta, di questa azione
politica, che sempre più numerosi stiamo portando avanti e
promuovendo, dobbiamo precisare altri problemi che coinvolgono
specificatamente la situazione italiana, il nostro esercito, i
nostri partiti, la nostra condizione di militanti. Le forze
democratiche e popolari non fanno, da un ventennio, che ripetere
vanamente d'essere favorevoli all'utopia di un esercito democratico
e repubblicano, alla sua riforma, senza ottenere altro che
l'evidente rafforzamento del suo carattere autoritario, delle
tentazioni e delle espressioni militariste, della "degenerazione"
antipopolare del suo operato. Ben presto, di fronte alla cecità
dell'attuale classe dirigente "democratica" le stesse gerarchie
militari o i partiti che in Parlamento esprimono l'ideologie
militarista, forniranno proposte di miglioramento, di
modernizzazione, anche "democratizzazione" delle forze armate
perfettamente funzionali al ruolo che un esercito efficiente ha
nella società.
LOTTA DI BASE PER UNA LEGGE CHE APRA NUOVI SPAZI DI INTERVENTO
POLITICO
Non marginale è la volontà di imporre al Parlamento - che, ancora
una volta sordo alle esigenze di una società civile, non ha
acquisito neppure quelle leggi che la socialdemocrazia, in tutto il
mondo, da tempo ha fatto proprie, - l'approvazione di una legge che
effettivamente riconosca il diritto civile all'obiezione di
coscienza. Il progetto che è stato approvato dal Senato e che solo
la mobilitazione dei gruppi antimilitaristi ha impedito che venisse
definitivamente acquisito dalla Camera, è una legge truffa,
vergognosa per i partiti di sinistra che, con il loro silenzio,
l'hanno sostanzialmente avallata, una legge che serve
esclusivamente, per riconoscere e punire severamente il reato di
obiezione di coscienza. L'obiettivo di una legge che riconosca per
tutti e per ogni motivo l'obiezione di coscienza, che non preveda
commissioni di accertamento, che sottragga alla giurisdizione
militare l'obiettivo che compie il servizio civile, che sancisca la
detrazione delle spese del servizio civile del bilancio dell
a difesa, è quanto un antimilitarista, oggi, deve anche proporsi
per l'acquisizione di strumenti che favoriscano la crescita del
movimento e di nuovi spazi d'intervento politico. Questo primo
obiettivo potrà naturalmente essere raggiunto non con patteggiamenti
di vertice, ma con una lotta di base, autogestita, portata avanti
con strumenti libertari.
ALTRE FORME DI LOTTA ALL'ESERCITO
Ma anche altri modi e altre forme devono competere alla lotta
antimilitarista: la proposta che con il nostro rifiuto di oggi
facciamo a tutti i giovani che sono costretti ad avallare
l'esistenza dell'esercito, non può e non vuole fermarsi al solo
appoggio di quanto stiano facendo e alla semplice testimonianza di
una volontà politica.
Deve essere l'inizio di una mobilitazione popolare di sempre più
numerosi compagni in tutte le forme attuabili contro una società che
sempre più si sta militarizzando.
OBIEZIONE DI COSCIENZA DI MASSA COME PROPOSTA DI LOTTA ALLE
STRUTTURE AUTORITARIE
Oggi siamo ancora in pochi, domani dobbiamo essere in molti ad
obiettare all'esercito, a rifiutare il signorsì, per meglio
combattere e rifiutare l'ordine e l'autorità che in ogni momento
della vita i potenti vorrebbero imporci come valori, come riflessi
condizionati per meglio negarci il diritto alla felicità, alla
possibilità di costruire una società fondata sull'uomo e per l'uomo,
senza sfruttati e sfruttatori.